06/05/2013

Ungheria, Costituzione e sovranità nazionale

«Ognuno ha diritto alla vita e alla dignità umana. La vita del feto è protetta fin dal concepimento». Questo articolo della nuova Costituzione Ungherese ha fatto infuriare i vertici UE e le lobby abortiste europee. Sembra escludere «le famiglie monoparentali, le coppie di fatto e le coppie omosessuali e la protezione della vita del feto dal concepimento equivale a una proibizione dell’aborto», tuonano i liberal democratici. La European Women’s Lobby (EWL) e la International Planned Parenthood Federation European Network (IPPF EN) hanno invece dichiarato che questo articolo lede i diritti sessuali e riproduttivi delle donne. Anche Lydia Gall, avvocato di Human Rights Watch, attacca il Governo di Viktor Orban, il premier ungherese, per «non essere democratico».

La risposta ungherese è chiara e limpida: «Si tratta di un altro attacco infondato e politicamente motivato, in quanto la nostra Costituzione è fondata sui valori europei». La Costituzione ungherese interpreta il matrimonio esclusivamente come comunità di vita tra persone di sesso diverso. Ciò non esclude altre forme di convivenza, ma l’istituzione della famiglia è tra i valori fondamentali da difendere, perché è «fondamento della sopravvivenza della nazione», in quanto atta alla generazione e all’educazione dei figli. Infatti la legge ungherese n. 2011/CCXI sulla tutela delle famiglie, al suo § 7 dichiara: «La famiglia è una rete di rapporti naturali tra persone che realizza la comunanza sentimentale ed economica delle stesse, basata sul matrimonio di un uomo ed una donna, e con figli naturali o adottati». Da questo segue che un genitore solo che educa uno o più figli è una famiglia, e così pure le forme di convivenza di fatto, se almeno uno dei due conviventi ha figli.

La legge, invece, non considera famiglie quei luoghi dove non si educano figli, cioè le coppie omosessuali, a cui non è possibile l’adozione. Questo perché le forme di convivenza che non servono allo scopo di educare figli non contribuiscono alla sussistenza della nazione. Inoltre, la legge afferma che «sono vietate le pratiche eugenetiche relative all’uomo, l’utilizzo del corpo o delle parti del corpo umano con scopo di lucro e la clonazione dell’uomo». Tutto ciò va contro le nuove politiche sull’identità di “genere” dell’UE che tendono ad equiparare tutti i gusti sessuali, che siano transgender, omosessuali od altro. Ma, ancora di più ha imbestialito “l’intelligentsia” europea la campagna di manifesti per le adozioni del premier Orban, i quali descrivono un embrione che parla alla madre e dice «Capisco, mamma, che tu non sia pronta per me, ma ti prego dammi in adozione, lasciami vivere».

Viviane Reding, presidente della Commissione alla Giustizia, non è però riuscita a dare soddisfazione agli attacchi contro la Vita degli abortisti dovendo ammettere che la Costituzione ungherese non viola nessuna norma o trattato comunitario e che ogni nazione è sovrana sul suo territorio. D’altronde, se si vanno a spulciare alcune dichiarazioni del Parlamento Europeo, troviamo che le risoluzioni n. 372/88, n. 327/88, la Raccomandazione del Parlamento Europeo n. 1046/86, la Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 1100/89 e la n. 874/79 tutte fanno espressamente riferimento o al «diritto alla vita del concepito» oppure si parla di vera e propria dignità dell’embrione. Se passiamo poi dal piano europeo a quello mondiale, è sufficiente leggere la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia del 1989 e la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo del 1959 approvate dall’ONU, in cui, in entrambi i casi, si indica come doverosa la tutela del fanciullo anche prima della nascita.

Questi documenti dimostrano che non solo l’Ungheria non viola nessuna disposizione di carattere giuridico, ma con la sua iniziativa contro l’aborto si allinea alle disposizioni appena menzionate e fa propri quei valori per la Vita che, sebbene spesso dimenticati, sono il patrimonio comune delle nostre società. Tuttavia l’Ungheria non è nell’occhio del ciclone solamente per la sua politica sulla Vita e sulla famiglia ma anche perchè causa molti fastidi alle lobby finanziarie europee ed internazionali. In seguito alle dimissioni del vice-presidente della Magyar Nemzeti Bank (la Banca Centrale), la Sig.ra Julia Kiraly, e del Governatore Andreas Simor, ambedue allineati sulle posizione della BCE e del FMI, il governo ha di fatto azzerato l’autonomia della banca centrale, assumendo il controllo delle nomine ed eleggendo a Governatore l’ex Ministro dell’economia, Gyorgly Matolcsy, fedele del premier che ha il sostegno della maggioranza della popolazione. È da sottolineare che Orban ha acquistato delle pagine sui principali quotidiani nazionali per spiegare ai suoi connazionali la reale natura del FMI. Il nuovo governatore della Banca centrale ha inoltre preannunciato uno schema di finanziamento delle piccole e medie imprese per sostenere la crescita, attraverso il sistema bancario nazionale. Verranno messe a disposizione delle imprese liquidità per oltre 825 milioni di euro. Alle banche locali questo denaro verrà fornito a interesse zero, e queste lo potranno prestare alle piccole e medie imprese a un tasso massimo del 2%.

Non a caso, a fronte di quanto mendacemente affermano i media occidentali, i tre principali istituti di rilevazione demoscopica ungheresi (Median, Szonda e Tarki) affermano che il partito conservatore di Orban è di nuovo in forte ascesa, essendo tornato ai livelli del 2011, cioè di quando stravinse le elezioni politiche. Ed è perciò a causa di queste misure prese dal Governo, nell’interesse del proprio popolo, che continuano gli attacchi della Commissione Europea (entità non eletta) contro l’Ungheria. A marzo di quest’anno il Presidente della Commissione e il Segretario generale del Consiglio d’Europa hanno adottato un documento congiunto, relativo all’ultimo emendamento alla costituzione ungherese, nel quale si esprime forte preoccupazione circa la compatibilità della novella costituzionale col principio dello “Stato di diritto”. Quindi, la battaglia fra i poteri forti ed i popoli sovrani continua: cosa conta di più, l’opinione di governanti democraticamente eletti o i pregiudizi personali e politici delle lobby internazionali?

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di Toni Brandi

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