06/11/2013

Ora la scuola pubblica educa ad essere gay correct

La scuola italiana assomiglia sempre di più a un incubo orwelliano, e la legge sull’omofobia è il suo ringhioso mastino da guardia

Pochi giorni fa, le pressioni e le minacce preventive esercitate delle lobby LGBT hanno indotto una scuola cattolica di Torino, l’Istituto Faà di Bruno, a sospendere un’iniziativa di formazione privata riservata ai genitori (cioè non aperta al pubblico) onde evitare di trasformare una riunione interna in una battaglia campale. Perché? Perché in quel corso si sarebbero criticate le “teorie del gender”, ovvero la pretesa normalità di quell’idea assurda secondo cui mica si nasce maschi o femmine ma ognuno sceglie da sé il sesso che vuole.

Adesso, a Settimo Torinese, i ragazzi della II B della scuola media Antonio Gramsci (no, questa non è una scuola privata cattolica) sono stati indotti a mettere in scena uno spettacolo teatrale dove i dodicenni (!) interpretano i parlamentari italiani impegnati a votare una legge che – verbatim – «riconosce giuridicamente le unioni civili fra persone dello stesso sesso». I parlamentari che votano contro vengono dipinti come incarnazioni della «paura, disprezzo, pregiudizio ed esclusione» e come personaggi indegni di uno «Stato civile». A sollevare il caso è il sociologo Massimo Introvigne nella sua veste di coordinatore del comitato “Sì alla famiglia”, promosso da dieci associazioni cattoliche del capoluogo piemontese, e forte di una pluriennale esperienza sia accademica sia “militante” a difesa della religione scuolalibertà religiosa, non da ultimo come Rappresentante dell’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), nel 2011, per la lotta al razzismo e alla xenofobia, oltre che alla discriminazione religiosa.

Introvigne sa bene quanto i casi torinesi somiglino tristemente a quelli che da tempo, nell’indifferenza del mass-media, si ripetono della democraticissima Germania al centro della tollerantissima Europa dove i corsi di “educazione” sessuale, con tanto di pièce teatrali ammannite a scolari giovanissimi, sono un dovere di legge imposto dallo Stato a ogni tipo di scuola, anche privata, persino confessionale; e dove quindi i genitori di certe scuole confessionali, spesso protestanti, che non hanno alcuna intenzione di lasciarsi stuprare così i figli dallo Stato e che per questo li tengono a casa nei giorni di quelle “lezioni” finiscono in galera. Avete letto bene: finiscono in galera.

Ma la cara vecchia Italia delle tre inutili reti televisive di Stato pagate dai contribuenti primeggia ancora una volta e così, oltre ai campi di rieducazione al pensiero unico che chiamano scuole, capita anche, com’è capitato il 1° novembre, che il vicepresidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, Giancarlo Cerrelli, specialista del tema e critico delle legge contro l’omofobia, venga prima invitato e poi improvvisamente escluso dalla trasmissione-contenitore “per famiglie” Domenica In (certo che uno deve averci proprio una famiglia sbarellata per passare la festa incollato alla tivù a vedere una roba così) in programma per il giorno seguente, e questo dopo essere stato dettagliatamente interrogato su cosa avrebbe detto in diretta.

Il confronto delle opinioni secondo lorsignori prevede infatti che la campana proposta sia sempre e solo la stessa di modo che uno nemmeno sogni l’esistenza di un’alternativa. Non è certo una novità, ma oggi questa violenza veste i panni rosa del mondo gay, aggredisce per primi i bambini e si fa scortare da quella legge ora in discussione in parlamento che fa malissimo alla salute della libertà. Diciamole di smettere.

di Marco Respinti

Festini

 

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