19/03/2013

Un lieto fine per Cao Ruyi

Nel giugno dello scorso anno, Cao Ruyi, incinta di 5 mesi, è stata trascinata all’ospedale dai funzionari della pianificazione familiare cinese, per subire un aborto forzato: il bimbo non aveva il “permesso di nascita”. (In Cina è sempre necessario un permesso governativo per far nascere un figlio, anche il primo genito). Cao ha resistito al pestaggio subito (cosa che avviene normalmente in tali circostanze) e per problemi tecnici e mancanza di posto in ospedale, ha avuto la fortuna di essere messa in arresto, in attesa che fosse possibile l’intervento chirurgico.
Un’altra grande fortuna per Cao è stata quella di riuscire a far conoscere la sua situazione ai dissidenti di Human Rights in China e a China Aid. Il suo presidente, Bob Fu, ha potuto sensibilizzare il Congresso degli USA, grazie all’intervento del deputato Chris Smith. Si è creato un caso internazionale, e – come è accaduto a Chen Guancheng – la Cina ha dovuto far buon viso a cattivo gioco e la violenza non è stata portata a termine.  Il 15 ottobre è nato il piccolo Dahai, che significa “aiuto da oltreoceano” e Cao ha potuto inviare una lettera di ringraziamento a Smith e a China Aid.
Tuttavia la famiglia deve ancora affrontare il grosso problema della multa ($ 15.000) per la nascita non autorizzata e il bambino non può essere registrato all’anagrafe. Nel sistema autoritario cinese, questo significa che la sua esistenza non è riconosciuta dallo Stato: il bambino sarà un “fantasma” senza diritti né soggettività giuridica, quindi , per esempio, non avrà diritto né ad andare a scuola né all’assistenza medica.

http://www.youtube.com/watch?v=gGflQnILPQQ: qui si può vedere un video con i sottotitoli in inglese che racconta tutta la storia.

di Francesca Romana Poleggi

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