06/12/2013

Matrimonio gay: impossibile e non necessario

Il “matrimonio” omosessuale non può esistere giuridicamente e non è necessario praticamente. Secondo la Costituzione, in Italia non si può introdurre il matrimonio gay: ma non per questo gli omosessuali sono discriminati nei loro diritti fondamentali, nonostante le chiacchiere che si sentono in giro. Essi non hanno la capacità giuridica di accedere al matrimonio, proprio a motivo della condizione che vivono.
E ciò in rispetto al principio di uguaglianza. A seguire una scheda elenca i diritti che comunque le coppie conviventi (gay o etero) hanno: per cui il matrimonio gay non è neanche sostanzialmente necessario

Nel nostro ordinamento la convivenza è solo tollerata. La Costituzione italiana prevede all’art. 29 solo il matrimonio “naturale”, tra uomo e donna. Tutte le altre convivenze – eterosessuali o omosessuali che siano – sono solo tollerate dallo Stato, che ai conviventi non riconosce diritti particolari. Il vigente assetto costituzionale è quindi pro matrimonio, anche se ci sono una ventina di eccezioni in leggi che già danno ai conviventi molti diritti (si veda la scheda seguente).
La maggior tutela del matrimonio è dovuta al fatto che i coniugi si assumono particolari doveri che si riverberano positivamente sulla collettività: “l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia” (art. 143 cc).
Gli omosessuali che non possono sposarsi sono discriminati nei loro diritti fondamentali?
No: i diritti fondamentali sono quei diritti che devono essere riconosciuti alla persona in quanto persona, cioè al di là del suo credo, età, sesso, razza, stato di salute, ecc. per esempio il diritto alla vita, alla libertà, all’educazione. I diritti fondamentali vengono riconosciuti – e non attribuiti – dallo Stato. Gli altri diritti sono accessori e sussistono qualora si verifichino delle circostanze determinate dalle norme giuridiche (ad es. il diritto di voto al raggiungimento della maggiore età). La mancata attribuzione di un diritto accessorio non intacca la dignità umana (ad es. non attribuire al 14enne il diritto al voto non lo discrimina in quanto persona).
Il diritto di coniugio non è un diritto fondamentale: l’incapace che non è in grado di esprimere un consenso valido, per esempio, non viene leso nella sua dignità sebbene non abbia il diritto di sposarsi.
Il principio di uguaglianza vuole che situazioni uguali siano trattate in modo uguale e situazioni diverse in modo diverso.
A tutti gli uomini devono essere riconosciuti gli stessi diritti fondamentali perché tutti uguali, in quanto tutti gli uomini hanno la medesima natura umana; ma devono essere attribuiti diritti accessori diversi perché tutti diversi per età, responsabilità, condizioni di salute, formazione, condizioni sociali… sarebbe ingiusto far pagare a tutti le tasse in modo uguale!
Agli omosessuali è negato il diritto accessorio di coniugio perché non sono “capaci”- in senso tecnico–giuridico – di contrarre matrimonio.
Infatti, il matrimonio ha tre fini naturali: l’amore vicendevole dei coniugi, la procreazione e l’educazione dei figli. Su tutti e tre questi fini il diritto positivo si pronuncia, anche sul fine c. d. unitivo: ad es. è previsto l’obbligo di fedeltà dei coniugi, e la fedeltà è un effetto dell’amore. Ora: un elemento necessario dell’amore è la complementarità. Tale requisito comporta che le due persone unite nel matrimonio siano differenti (appunto “etero”) e non uguali (“omo”). Gli omosessuali sono incapaci di un amore complementare, non solo da un punto divista fisico – che è evidente – ma anche da un punto di vista psichico: la sessualità non si riduce alla genitalità e comporta delle differenze oggettive tra maschio e femmina che sono, appunto, complementari.
Inoltre le coppie omosessuali non possono fisiologicamente, naturalmente e necessariamente avere figli (le coppie eterosessuali sterili o infertili sono solo patologicamente ed eventualmente, impossibilitate).
Lo Stato disciplina una relazione che per sua natura non potrà dare figli: il matrimonio omosessuale non può contribuire a perpetuare la vita di una nazione.
Inoltre, in merito all’educazione dei figli, esistono una sessantina di studi scientifici pubblicati negli ultimi vent’anni che provano che i figli affidati a coppie omosessuali hanno una probabilità molto più alta di soffrire di gravi disturbi psicologici, di avere un’autostima bassa, una maggiore propensione alla tossicodipendenza, ad autolesionarsi, minori successi scolastici e una maggior inclinazione alla violenza.

Diritti che l’ordinamento attribuisce al convivente

Alcuni diritti sono peculiari del rapporto matrimoniale e perciò non sono riconosciuti ai conviventi.
Per esempio la Corte costituzionale [461/2000] ha negato loro la pensione di reversibilità perché non è un diritto fondamentale e la sua concessione esige certezza di rapporto che solo il matrimonio può dare.
Molti altri diritti, però, sono di fatto riconosciuti dal diritto comune o dalla giurisprudenza.

Ecco l’elenco di tutti i casi in cui il convivente è equiparato al coniuge:
• possibilità di scelta tra regime di comunione o separazione dei beni, con scrittura privata attraverso la contestazione dei beni:

• diritto d’uso dell’abitazione (affitto o proprietà) per convivente superstite o per cessata convivenza: il subentro automatico è permesso dalla legge (D.m. 30/06/94) e dalla giurisprudenza (C. Cost. 404/88;166/98; 559/89; Cass. n. 100.034 del 2000);

• donazione testamentaria (il beneficiario può essere chiunque);

• nella successione il convivente concorre con figli di precedente matrimonio, o coniuge divorziato (C. Cost. 23/10/2000) e con gli ascendenti;

• la risarcibilità del danno patrimoniale e non patrimoniale in caso di morte del convivente per il fatto illecito di terzi (Cass. nn. 2.988 del 1994; 33.305 del 2002). Oltre a questo nulla vieta di stipulare polizze sulla vita il cui beneficiario è l’altro convivente;

• possibilità che sia il convivente a decidere per interventi clinici quando l’altro convivente è impossibilitato a prendere autonome decisioni: c’è già l’istituto dell’amministratore di sostegno (legge 6/2004). Tra l’altro è bene ricordare che nel caso in cui Tizio non è più capace di intendere e volere e non è stato nominato né un tutore, né un amministratore di sostegno, sulle cure decide solo il medico – ed eventualmente il magistrato chiamato a intervenire – nemmeno il coniuge;

• legge n. 91/99 sui trapianti: obbligo del medico di informare anche il convivente del quadro clinico del compagno trapiantato. Il medico inoltre può chiedere a lui il permesso per l’espianto dal compagno morto;

• assicurazioni: già ora le casse sanitarie professionali o le agenzie assicurative permettono che il beneficiario della polizza (vita, infortuni etc.) sia chiunque;

• il convivente può astenersi dal deporre contro il partner (art. 199 cpp.); e può chiedere la grazia (art. 681 cpp.)

• per gli abusi tra conviventi c’è già equiparazione legale con i coniugi (art. 572 c.p.)

• la corresponsione della pensione di guerra (l. 313/1968) e l’assistenza economica per i figli naturali che il padre, caduto in guerra, non ha potuto riconoscere (l. 356/1958);

• le prestazioni assistenziali fornite dai consultori (l. 405/1975);

• il permesso per il convivente di uscire dal carcere, in caso d’imminente pericolo di vita del partner (art. 30, l. 354/1975);

• il diritto ai colloqui in carcere (ibidem);

• la partecipazione ai procedimenti abortivi (art. 5, l. 194/1978);

• l’adozione nei casi speciali per i non coniugati (art. 44, l. 184/1983);

• la remunerazione per il lavoro continuativamente prestato nell’impresa familiare (art. 230 bis c.c.);

• gli strumenti posti a tutela delle lavoratrici madri (d. lgs. 151/2001) e i sussidi di disoccupazione per le madri di famiglia, previsti dalle amministrazioni locali;

• tre giorni annui di permesso lavorativo per malattia o decesso del convivente (l. 53/2000);

• i congedi per l’assistenza ai figli naturali (ibidem);

• il convivente allontanato dall’abitazione familiare si vede riconosciuto un diritto di possesso azionabile, anche se non equipollente al diritto di proprietà del partner;

• a prescindere dalla titolarità, la Corte Costituzionale ha stabilito l’assegnazione della casa al genitore affidatario dei figli (o al genitore presso cui i figli sono collocati prevalentemente, in caso di affidamento condiviso): sent. 166/1998;

• l’assegnazione dell’alloggio nelle case di edilizia popolare: Corte Cost., sent. 559/1989;

• equiparazione alla famiglia legittima in relazione alla fattispecie penale di maltrattamenti (art. 572 c.p., già ante riforma); analogamente la l. 154/2001 sugli abusi familiari prevede l’allontanamento del convivente la cui condotta pregiudichi il nucleo familiare, e la sua eventuale condanna al versamento di un assegno di mantenimento (ordini di protezione: artt. 342-bis e ter c.c.);

• sussistono incompatibilità per i magistrati, ai sensi della legge sull’ordinamento giudiziario (r.d. 12/1941, così come applicato nelle apposite
Circolari);

• l’accesso alla fecondazione artificiale (art. 5, l. 40/2004): tra l’altro la facilità di aggirare il divieto di fecondazione eterologa permette già ora alle coppie omosessuali di avere un loro figlio (loro per metà almeno, dal punto di vista genetico) senza bisogno di chiedere l’accesso all’istituto dell’adozione per le coppie omosessuali;

• la successione nella posizione di socio di cooperativa, se mancano figli minorenni (l. 179/1992);

• le elargizioni a conviventi di vittime del terrorismo o della criminalità organizzata (l. 302/1990);

• la Corte Costituzionale (sent. 377/1994) ha ammesso la successione legittima, cioè in assenza di testamento, tra fratelli e sorelle naturali.

Ricordiamo infine l’art. 1322 c.c. in base a cui le parti possono creare contratti non previsti dal Codice, e quindi regolare in modo atipico rapporti che intercorrono tra di esse.

di Tommaso Scandroglio

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