23/12/2012

Chiara ed Enrico: un amore vero

La vera storia della giovane mamma romana che ha dato la vita per il suo figlioletto

Amore: una parola che sentiamo ovunque. Ma quale sia l’amore vero è difficile da comprendere in questa società sempre più individualista. Un esempio concreto è stata per me l’unione tra Chiara Corbella ed Enrico Petrillo.

Visualizzando su internet i video delle loro testimonianze colpiscono subito lo sguardo dolcissimo di lei, il suo bellissimo sorriso e il fatto che il marito le appoggia una mano sulla schiena, per sostenerla. Insieme amavano ripetere le parole di San Francesco: «il contrario dell’amore non è l’odio, ma il possesso».

Oggi il materialismo e il consumismo tentano in tutti i modi di farci credere che per essere felici dobbiamo possedere quanti più beni possibili e questa smania di possesso si proietta anche nei rapporti sentimentali. Chiara ed Enrico hanno invece vissuto in controtendenza, affermando con la loro personale esperienza che amare significa donarsi: «noi non possediamo la vita dei nostri figli», dice Enrico, «nulla ci appartiene ma tutto è dono».

La coppia ha deciso di portare a termine due gravidanze, nonostante sapessero che, a causa di alcune malformazioni del feto, i loro due figli sarebbero rimasti sulla terra solo per pochi minuti, secondo le parole di Chiara, in “affidamento”. Padre Vito d’Amato, amico e padre spirituale della coppia, afferma che Chiara, in fase ormai terminale a causa di un tumore curato volutamente solo dopo la nascita di Francesco, il terzo figlio, per non compromettere la gravidanza, «lo ha preparato al distacco, lasciando che Enrico lo tenesse più tempo in braccio».

La scelta tra il dono e il possesso riguarda non solo il rapporto tra figli e genitori, ma anche tra uomo e donna: nel fidanzamento, dice sempre padre Vito, si impara a “perdere” e a lasciare andare l’altra persona. Il possesso come modalità di relazione può essere esercitato anche dai figli nei confronti dei genitori, tramite l’accanimento terapeutico.

Chiara, nella lettera al figlio, scrive: «se starai amando veramente te ne accorgerai dal fatto che nulla ti appartiene veramente perché tutto è un dono». Padre Vito commenta così: «chi si consuma per amore assomiglia a Cristo: la vita è quando doni. Non si vive solo per respirare, si vive perché si ama. La vita è bella solo se ti consumi per l’altro: o la vita la doni o la togli agli altri. Chiara ed Enrico hanno dato, non preso. Cosa resterà della tua vita?! Bisogna spendere la vita per amore».

Chiara, consapevole della fine imminente della sua vita terrena, preparava dei pacchi da dare ad altre ragazze terminali che aveva conosciuto: «è vissuta regalando, donando tutto». Nonostante la loro prima figlia, Maria Grazia Letizia, sia morta dopo soli 30 minuti di vita, Chiara riesce serenamente a dire: «è stato un momento di festa: se io avessi abortito cercherei solo di dimenticare, invece potrò raccontare di questo giorno speciale».

Ed Enrico le fa eco: «è nostra figlia, la terremo così com’è […] Che senso ha questa vita? Ha un senso se si è amati e Dio ci ha desiderato. Dice il Signore: “prima di formarti tuo padre e tua madre Io ti conoscevo”. Per quanto tuo padre e tua madre ti hanno voluto bene… (o non ti hanno voluto bene!) qualcun Altro ti ha voluto, sai!». Riecheggiano le parole di Isaia (49,8-26): «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero,  Io invece non ti dimenticherò mai». Nel 2005, quando ancora Chiara non era malata, parlando della loro prima figlia, Enrico afferma: «ho perso mio padre di infarto quando avevo 23 anni. È difficile accettare che le persone che amiamo muoiano. Io mi occupo di malati terminali come fisioterapista, forse è un po’ una vocazione…».

Riascoltando queste parole sapendo che poi Enrico avrebbe perso anche la moglie, è ancora più sorprendente ascoltarlo dire: «vale la pena di vivere solo se si è disposti ad amare veramente. Noi ci siamo sempre sentiti amati da Dio. Dio non è vero che “ama tutti”: “ama ognuno”! Ogni figlio è amato in modo diverso; io so come ama me e non so come ama te. Lasciati amare! È bello lasciarsi amare da Dio. Il problema è se tu ti vuoi far consolare, se ti lasci consolare da Lui! Non ci può essere la Grazia senza la libertà: Dio non ti costringe ad essere amato. La menzogna è che Dio non sia buono; Satana sussurra sempre al nostro cuore che Dio non ti ama».

Questo uomo e questa donna insieme hanno scelto in forza di una visione della vita imperniata su una fiducia, su una donazione, su un amore incondizionato. Pensando a questa giovane coppia e al loro amore, sempre più mi rendo conto, insieme ad Albert Camus, che «non essere amati è una semplice sfortuna; la vera disgrazia è non amare».

di Irene Bertoglio

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