13/04/2024 di Matteo Delre

Natalità, demografia e utero in affitto. Ecco cosa hanno detto Meloni, Roccella e Mattarella

Una Giorgia Meloni in netta controtendenza rispetto alle linee del pensiero dominante sui temi della natalità, crisi demografica e utero in affitto, e in linea con quanto affermato finora dall’attuale Governo. Intervenendo ieri all'evento "Per un'Europa giovane: transizione demografica, ambiente, futuro", tenutosi a Roma e organizzato dalla Global Thinking Foundation, ha tenuto a sottolineare che sui temi al centro della discussione, il suo governo si è già distinto e vuole continuare a distinguersi rispetto al passato: «investire risorse, fare scelte importanti, ma tutto questo non porta a nulla se non invertiamo a monte la drammatica tendenza alla denatalità che compromette lo sviluppo della nostra nazione».

Dunque la questione della bassa natalità come elemento penalizzante per lo sviluppo. Ma come? La versione ufficiale – globalista - non era che siamo in troppi al mondo, che l’equilibrio dell’ecosistema richiede di diminuire l’impronta umana? Sì, il malthusianesimo di rigetto è questo che predica, ma Giorgia Meloni non sembra volersela bere: «surreali» definisce infatti le tante tesi, in genere collegate, secondo cui procreare sia un impiccio, un inciampo, un contributo negativo alla tenuta ambientale del Pianeta. «È stato detto per decenni», ha osservato il presidente del Consiglio, «che mettere al mondo un bambino avrebbe compromesso libertà, sogni, carriera, in alcuni casi la bellezza», e non ha dubbi che a diffondere corbellerie simili siano stati «cattivi maestri, in alcuni casi da cattedre da cui si dava il 6 politico». Un riferimento indiretto ma chiarissimo a quella sinistra che interpreta da tanto, troppo tempo, il “progresso” come un’attività calcolatamente distruttiva dell’umanità: dalla nascita, con l’appoggio incondizionato e ideologizzato all’aborto, fino alla vecchiaia, con le inquietanti strizzate d’occhio a quelle aperture all’eutanasia che si stanno già facendo nei paesi a predominio liberal.

Ci tiene, Giorgia Meloni, a sottolineare che lei e il suo governo, però, non si accontentano di bacchettare il regresso del neoumanesimo solo in termini filosofici. C’è anche tanta pratica in corso: «la sfida demografica», ha assicurato il Presidente del Consiglio, «è al centro dell'agenda del governo. È la prima volta che alla natalità è dedicato un ministero, ma non è solo una scelta lessicale. Anche con le ormai note difficoltà di bilancio che abbiamo ereditato, abbiamo fatto sforzi importanti a livello di risorse con 2,5 miliardi di investimenti diretti per le famiglie, per un totale di benefici indiretti pari a 16 miliardi». Non consola, ma l’Italia non è la sola a patire il problema della denatalità: tutta Europa si trova nella stessa condizione ed è sempre meno convincente la ricetta da tempo imposta che saranno gli immigrati a risolvere il problema. Dopo decenni pare proprio che non sia così, nemmeno in paesi con una storia di integrazione più lunga della nostra, come la Francia. Non lo dice chiaro, Meloni, ma è evidente che ha in mente un progetto che non comporta solo un recupero demografico, ma anche un ristabilimento dell’identità (ebbene sì) nazionale.

La premier però va anche oltre, quando tocca il tema dell’utero in affitto: «Nessuno mi può convincere che sia un atto d'amore considerare i figli come un prodotto da banco in un supermercato», ha sottolineato. «Non è un atto d'amore trasformare il legittimo desiderio di avere un figlio in un diritto che puoi garantirti con qualsiasi mezzo possibile». Per quanto la riguarda, dunque, la maternità surrogata è «una pratica disumana e sostengo - ha dichiarato - la proposta di legge perché diventi reato universale, cioè perseguibile in Italia anche se è commesso all'estero. Su questo c'è una proposta parlamentare in discussione appunto al nostro Parlamento che spero possa essere approvata quanto prima».

Non solo Meloni, ma anche il ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Roccella – che ha promosso l’evento in questione - è intervenuta. «Possiamo vincere la battaglia contro la denatalità solo se la combattiamo tutti insieme», ha affermato. «Il dibattito pubblico è concentrato sulle diverse transizioni: economica, climatica, digitale. Ma – ha ammonito Roccella – si parla meno della transizione più clamorosa e impattante: quella demografica. Sono pochissimi i Paesi sviluppati che presentano il cosiddetto tasso di sostituzione di 2 figli per donna che garantirebbe equilibrio tra nascite e morti».

«Per molto tempo – ha aggiunto il ministro - almeno dagli anni '50 siamo cresciuti nella convinzione che la popolazione sarebbe cresciuta a dismisura e che questo avrebbe potuto creare problemi per le risorse. Si parlava di ‘Population bomb’, titolo di un celebre libro», ma non è stato e non è così.

A supporto dell’impegno a favore della natalità e delle famiglie è intervenuto anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha inviato un messaggio ad organizzatori e partecipanti dell'evento. Nel richiamarsi all’articolo 31 della Costituzione, ha sottolineato come il futuro su questo tema si misuri «sulla capacità di dare risposte alle giovani generazioni. Occorre che le Istituzioni ne prendano coscienza per attuare politiche attive che permettano alle giovani coppie di realizzare il loro progetto di vita», ha asserito Mattarella, «superando le difficoltà di carattere materiale e di accesso ai servizi che rendono ardua la strada della genitorialità». La volontà, insomma, è condivisa, dal lato istituzionale, e l’approccio di Meloni sembra riuscire a inserirsi nell’agenda politica italiana, nonostante in molti punti strida con il dettato del progressismo che, sul piano mediatico, la fa da padrone.

In questo senso, ci sentiamo di suggerire un altro passo importante, proprio nell’ottica di superare d’un colpo certe narrazioni tossiche e problemi reali che colpiscono le famiglie, specie quelle più giovani: garantire che padri e madri abbiano una eguale e prolungata possibilità di seguire i propri figli, appena nati. Allungare e parificare i permessi lavorativi di maternità, “smezzerebbe” il sacrificio professionale connesso e permetterebbe a entrambi i genitori di garantire al bambino l’esercizio del suo diritto riconosciuto alla bigenitorialità. Sarebbe insomma un ottimo investimento perché incentiverebbe le nascite e incoraggerebbe le donne allo sviluppo professionale. Effetto collaterale non irrilevante: una misura del genere creerebbe anche un cortocircuito esplosivo nell’incoerente e aggressivo femminismo di sinistra.

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