28/03/2024 di Matteo Delre

Aborto, Usa. La propaganda sul Mifepristone: un falso mito da smontare per la salute delle donne

Negli Stati Uniti, in piena campagna elettorale, tra i tanti temi che tengono banco, ci sono anche quelli etici. Non solo l’aborto e non solo a livello federale e nazionale, ma anche le pillole per abortire e interrompere così una gravidanza.

In particolare, attualmente, al centro del dibattito c’è il mifepristone, uno steroide sintetico bloccante del progesterone, l’ormone necessario, appunto, per condurre a termine una gravidanza. Assumerlo significa insomma abortire. Si tratta inoltre di un farmaco cui sono connessi rischi più che significativi: emorragie, infezioni, ritenzione di parti fetali con la connessa necessità di interventi chirurgici d’urgenza. In qualche caso si sono registrate anche delle morti, frequenti ad esempio in caso di gravidanze ectopiche.

Nel 2000 la Food and Drug Administration aveva dato luce verde al farmaco, ma prudenzialmente l’allora amministrazione Clinton aveva posto qualche minimo paletto: il mifepristone, infatti, poteva essere assunto al massimo fino al settimo mese di gravidanza, sotto stretto controllo medico e con l’obbligo per il produttore di segnalare alla FDA qualunque complicazione.

Dopo il 2000, però, si è andati ben oltre: la nouvelle vague super-mega liberista incarnata prima da Obama e poi da Biden (con la sola eccezione di Trump) ha spazzato via tutto. Ora il farmaco può essere assunto fino alla decima settimana, sotto controlli medici fortemente attenuati e senza più l’obbligo per il produttore di segnalare eventuali complicazioni alla FDA. Eppure dopo tanti anni i dati parlano chiaro: 20.000 donne ogni anno hanno bisogno di cure dopo l’assunzione del mifepristone, ed è un dato fortemente sottostimato visto che, appunto, non sussiste più l’obbligo di segnalare le anomalie. E poi c’è la grande partita dell’invio del farmaco via posta: l’industria farmaceutica e le lobby dell’aborto (una su tutte: la potente Planned Parenthood) ritengono che lo si possa tranquillamente fare, mentre il 18 U.S. Code § 1461, una legge federale, proibisce l’invio per posta di qualsiasi «articolo, strumento, sostanza, farmaco, medicinale o cosa pubblicizzata o descritta in modo tale da indurre un altro a utilizzarlo o ad applicarlo per produrre l’aborto».

Parrebbe però essere davvero una di quelle leggi elaborate più per esercizio di scrittura che per altro, visto che di recente il canale televisivo americano NBC, proprio mentre la Corte Suprema USA sta mettendo sotto severa analisi l’operato della FDA sul mifepristone, ha pensato bene di mandare in onda un reportage evidentemente concepito per suscitare supporto e simpatia attorno non solo al pericoloso farmaco, ma anche alla sua distribuzione. Nel servizio mandato in onda si tessono infatti le lodi di un centro aperto nello Stato di New York dove alcuni attivisti, dietro prescrizione telematica di medici locali compiacenti, distribuiscono mifepristone a chi si presenta di persona o a chi ne fa richiesta a distanza, spedendolo appunto via posta. E guarda caso a presentarsi o a richiedere la spedizione, secondo il servizio televisivo, sono migliaia di persone, molte delle quali residenti in Stati dove la legislazione proibisce la distribuzione del farmaco, come il Texas, la Louisiana, l’Alabama, la Florida, la Georgia.

Come un oppioide acquistato sul dark web, il mifepristone con tutti i suoi effetti indesiderati potrà quindi raggiungere, grazie agli attivisti pro-aborto, donne in ogni angolo del Paese. Gli operatori del centro che il servizio della NBC dipinge quasi come eroi dichiarano candidamente di spedire una media di 10.000 pillole al mese, incuranti non solo dei danni che il farmaco può arrecare alle donne, ma anche degli abusi che l’invio via posta può innescare. Si sa chi spedisce, infatti, ma non si sa chi riceve. Esistono prove che alcune donne sono state costrette ad assumere il farmaco: una madre ci ha provato con la figlia rimasta incinta, altrove si sono registrati fidanzati violenti che hanno somministrato di nascosto il mifepristone alla propria compagna, per non parlare di ciò che può accadere nell’ambito della prostituzione. Insomma non c’è nulla di pulito, da qualunque parte la si guardi, nella vicenda che coinvolge questo farmaco e gli interessi che vi gravitano attorno.

Rimane come unica speranza che la Corte Suprema, che in questi giorni, dopo le varie audizioni sul tema, potrebbe vietare la prescrizione di pillole abortive tramite telemedicina e impedire ai fornitori di spedirle. Vedremo allora cosa si inventeranno gli “eroi” della NBC e delle lobby collegate per riuscire ancora a distribuire le loro pillole mortifere.

 

 

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